Studio Psicologia Analitica
Pubblicazioni
- Articoli
Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia
sperimentale a cura dell'Associazione GEA
Direttore : Dott. Ada Cortese
Genova: Via Palestro 19/8 - www.geagea.com
Anno 12° N° 45 Settembre 2003 Pag. 2°Autore: Paolo Cogorno
INTERDIPENDENZA E
GLOBALIZZAZIONE
Globalizzazione sta ad indicare le nuove forme assunte nel
mondo dal processo di produzione fruizione ed accumulazione
di capitale, al fine di creare un unico mercato ed ottenere
profitti su scala mondiale.
Essa risulta dal confluire di processi che non sono
solamente economici e politici quanto piuttosto da istanze
sociali e culturali, al fine di rispondere ad esigenze
conoscitive, esplorative, oltre ad essere legata alla
diffusione di valori, idee, fedi religiose. Solamente
nell'ultimo secolo l'analisi della globalizzazione assume
uno spazio significativo, soprattutto attraverso lo
sviluppo tecnologico dei media e di tutti gli strumenti di
comunicazione umana che ne costituiscono l'asse portante.
Oggi risulta sempre più difficile non fare i conti con
quello che può accadere in altre parti del mondo. La
speculazione economica selvaggia non paga come un tempo: la
velocizzazione della comunicazione e dei processi
produttivi fa sì che un'azione che porta un danno concreto
alla collettività non impieghi molto tempo a ritorcersi sui
mercati e quindi direttamente sul terreno di chi l'ha
prodotta o ha avallato il suo compiersi.
Da un punto di vista psicodinamico la speculazione
selvaggia è legata ad una dimensione di oralità, di
divoramento: la dinamica di branco si manifesta con i
"sintomi economici" che si abbinano a sintomi di psicosi
collettiva:
il delirio paranoide con l'idea che i "pozzi siano senza
fondo" e le risorse illimitate, l'immediatezza con
investimenti indirizzati solo alla speculazione a
brevissimo termine e quindi sostanzialmente improduttivi,
l'irriflessività con acquisti e vendite dettate dalla paura
o dall'euforia, la rigidità e l'ecolalia con transazioni
economiche copia-incolla, dettate da comportamenti
stereotipati (ed indotti) più che da una valutazione
globale degli scenari.
Il tutto accompagnato da una terminologia "rassicurante" e
ridicola da parte dei media: "mercati nervosi, volatili
etc.".
L'attentato e la distruzione delle Torri dell'11 Settembre
è estremamente significativo per testimoniare quanto
fattori psicologici più che economici determinino
transazioni economiche significative, quelle che appunto
"fanno tendenza". Questo mostruoso gesto è anch'esso
espressione di interdipendenza tra due poli: da un lato
l'onnipotenza paranoide di una economia che si credeva in
espansione, scevra da qualsivoglia strumento dialettico con
delle controparti; dall'altro un contro-agito paranoico che
si muove sul fragilissimo asse della relazione
schiavo-padrone, sulla scia della altrettanto paranoide ed
onnipotente "vendetta divina" dell'estremismo islamico.
L'11 Settembre non è inutile se prendiamo coscienza, più
che della vulnerabilità dei servizi segreti, della
fragilità e della insensatezza di questo sistema
pseudo-globalizzato.
La crisi economica mondiale e globale che ne è seguita è
molto inconsueta, innanzitutto è di lunga durata; inoltre
esistono capitali immensi paralizzati, che non entrano nel
mercato; le ragioni del non investimento sono molte: da un
punto di vista psicologico si possono riassumere in
paranoia, paura, povertà di idee e contrazione della
creatività, consapevolezza di un mercato-mostro che può
divorare ciecamente ed insensatamente le risorse; quindi un
mercato malato, che deve cambiare.
Infatti la consapevolezza di cambiamento di questo mercato
inizia ad esserci, lo testimoniano anche i ripetuti
interventi delle banche centrali e di altre istituzioni,
interventi indispensabili per tenere in equilibrio una
situazione generale, alla quale, per coscienza o
convenienza, quasi tutti tengono.
Il momento di "depressione" che si sta vivendo può essere
l'inizio di un riflettere, a lungo termine, su cosa
produciamo e come lo produciamo.
Non mi sembra azzardato il parallelo di questa situazione
con il percorso della psicoanalisi dialettica: la
collettività è in qualche modo costretta a prendere
coscienza attraverso tutto ciò che è simbolo, del proprio
interdipendere, questo processo non è certo indolore e
privo di conflittualità, e proprio come nelle dinamiche di
gruppo non è neanche necessario che tutti gli individui
abbiano o possano avere lo stesso livello di
consapevolezza. Sapere di interdipendere e accoglierlo,
consente il passaggio a modalità più intersoggettive di
relazione e quindi alla possibilità di intersoggettività
anche nelle transazioni economiche tra gruppi di individui.
In conclusione, un'economia globalizzata non può separarsi
dalla coscienza di interdipendenza, in quanto
l'interdipendenza stessa prevede una forma di reciprocità.
In questo senso i paesi "ricchi" non potranno più
trascurare e sottovalutare realtà economicamente e
culturalmente distanti quanto i paesi del terzo mondo non
potranno sottrarsi alla globalizzazione, quale incontro
dialettico di cultura e sistemi di produzione.
Tutti i diritti sui testi qui
consultabili
sono di esclusiva proprieta' dell'Associazione G.E.A. e dei
rispettivi Autori.
Per qualsiasi utilizzo, anche non commerciale,
si prega prima di contattarci:
Associazione GEA
GENOVA - Via Palestro 19/8 -
www.geagea.com