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Anno 8° N° 30 Dicembre 1999 Pag. 11° Autore: Paolo Cogorno
IL NUOVO CROLLO DELLA "COSCIENZA BICAMERALE"
Il nuovo crollo della "coscienza bicamerale"
J. Jaynes nel suo libro "Le origini della coscienza e il crollo della mente biacamerale" (Adelphi) sostiene che fino al 3000 a.C. l'uomo fosse totalmente privo di "coscienza". Un'attenta lettura dell'Iliade, uno dei più antichi libri scritti, evidenzia proprio attraverso i suoi personaggi le caratteristiche peculiari della bicameralità: la assenza di coscienza soggettiva, l'assenza di un "Io" e di uno spazio mentale per l'introspezione, il comportamento da "automa" in situazioni di stress che richiedano decisioni, l'ascolto allucinatorio di voci interne riferite a dèi esterni.
Un aspetto interessante della teoria bicamerale riguarda la separazione degli emisferi cerebrali del cervello umano (modello neurofiosiologico di split-brain).
Questa struttura "rappresentava" il substrato biofunzionale della percezione di voci allucinatorie come altre da sé.
L'emisfero destro aveva una funzione vestigiale-divinatoria e quindi era maggiormente in rapporto con la percezione del tutto (gestalt), della divinità; si può dire che "generasse" le voci stesse (come peraltro accade in esperimenti di stimolazione elettrica). L'emisfero sinistro era più collegato con funzioni pragmatiche (linguaggio, prassie) quindi con l'uomo stesso e con il principio di realtà; si può dire che l'emisfero sinistro udisse le voci generate dal suo controlaterale - "gemello destro".
Il crollo della struttura "bicamerale" fa riferimento ad un periodo di transizione di circa 1000 - 1200 anni nell'area mediterraneo-mesopotamica (tra il 2000 e l'800 a.C.), in cui il consolidamento della scrittura coincide con un conseguente indebolimento delle allucinazioni, percepite nella modalità acustica. Anche il contenuto stesso dei `consigli' allucinatori inizia ad indebolirsi rispetto alle esigenze dell'uomo (il principio di realtà), le funzioni dell'emisfero cerebrale sinistro si potenziano e si specializzano, l'uomo inizia a narrativizzare se stesso attraverso i poemi (a dire di sé e conseguentemente a poter sapere di sé), compare l'astuzia e l'inganno, indicatori inequivocabili di uno spazio mentale interno, di un "Io" interno e di un "Me" esterno rappresentato, narrativizzabile. Comincia a prender campo la coscienza di sè come coscienza del soggetto. Contiguamente si affermano la violenza, l'aggressività e la ferocia come nuovi sistemi di controllo sociale ben più efficaci delle antiche "voci bicamerali".
La selezione della specie "dà una mano" a questo fenomeno con la sua consueta spietatezza ed inesorabilità; le comunità bicamerali sono più deboli e meno elastiche ai cambiamenti; vengono rapidamente spazzate via dall'intelligenza, dall' astuzia e dalla violenza di quelle più soggettive. Le invasioni doriche annientano la civiltà micenea, gli Assiri si affermano sugli Ittiti e sulle civiltà contigue.
Pochi secoli dopo i soggettivi Romani conquisteranno completamente l'area mediterranea. Lo stesso copione si ripete, circa 2000 anni dopo, nel continente americano, tra le civiltà bicamerali Azteche, Maya e gli agguerriti "conquistadores" spagnoli.
L'uomo soggettivo "neonato", per così dire, dopo un millennio di cambiamenti sa di sapere di sè, in altri termini é cosciente della sua coscienza.
E' evidente come in pochi secoli il salto sia stato enorme. L'uomo formula concetti ed astrazioni ma... mantiene comunque un struttura mentale dicotomica, una struttura che io definirei "bicameralità simbolica". In poche parole replica cio' che era accaduto tra i due emisferi cerebrali alle origini, continua a tenere ben separate simbolicamente due parti: un dentro ed un fuori, un interno ed un esterno che non riconosce come parti di un unico sistema conoscitivo.
Questa separazione risulta comunque necessaria per procedere e fare spazio a forme più evolute di coscienza proprio attraverso un nuovo "crollo".
L'uomo dotato di coscienza soggettiva mantiene comunque la scissione soggetto conoscente - oggetto conosciuto, un esempio piuttosto evidente è rappresentato dal modo di procedere della "accreditata" comunità scientifica legata, ancora troppo a criteri "positivistico-oggettivanti".
Nella civiltà soggettiva è ben marcata la separazione del maschile dal femminile, questa risulta ben simbolizzata dai ruoli socialmente distinti dell'uomo e della donna; la coscienza collettiva é regolata da istituzioni, norme e copioni comportamentali; i rapporti umani (affettivi, economici, politici etc.) riflettono la struttura relazionale edipica, i modelli di rapporto sono quelli della interdipendenza. L'uomo mantiene la separazione spirito-materia, mente-corpo, conscio-inconscio.
Il rapporto con la spiritualità é delegato o mediato da istituzioni religiose; talvolta é assolutamente negato. Il rapporto con l'inconscio ed i sogni é misconosciuto, incapsulato in concezioni razionalistico - oggettivanti, oppure delegato alla psicoanalisi (nel `900) quale rimedio ai disturbi mentali. L'uomo "dicotomico" non percepisce in se stesso una Coscienza Universale consapevole di sé. A questo punto (e siamo ai giorni nostri) sembra che qualche cosa non funzioni più, o meglio, che questa struttura mentale non sia più funzionale al percorso della coscienza.
L'uomo ha bisogno di una marcia in più per andare avanti, ha bisogno di superare se stesso e quindi negare se stesso, superare il suo aspetto individuale ed entrare in contatto con una consapevolezza che é sovraindividuale, una coscienza universale pensante, viva, reale.
Le manifestazioni degli "scricchiolii" del sistema uomo del '900 sono molteplici, tutte sembrano comunque portare in sé il germe benefico e trasformativo del conflitto. La coscienza umana cresce attraverso il conflitto.
Se la coscienza individuale è recettiva al nuovo, se esiste comunque "terreno evolutivo" l'uomo coglie il valore trasformativo del conflitto stesso e conseguentemente fa crollare in sé il sistema dicotomico-oppositivo dentro-fuori, maschile-femminile, individuale-universale. Il consolidamento della struttura dialettica e post-dialettica del pensiero porta ad una nuova forma di coscienza che si può chiamare, seguendo Silvia Montefoschi "soggetto super riflessivo". Molto schematicamente, i segni del crollo potrebbero essere così riassunti:
Funzioni vestigiali potenzialmente trasformative: hanno un parallelo con quella che era la funzionalità dell'emisfero destro nel collegarsi al mondo dello spirito e del divino; si tratta innanzitutto dell'attività onirica, che suggerisce ed accompagna per tutta la vita la mente umana.
A questa vanno incluse tutte le cosiddette manifestazioni nevrotiche, psicotiche e soprattutto "borderline"; queste ultime così frequenti ed in aumento sembrano rappresentare la metafora di una coscienza che oscilla tra una soggettività piuttosto disequilibrata e le vestigia di una vecchia struttura bicamerale.
Metafora del corpo: riguarda tutta quella conflittualità che viene rappresentata da disturbi e malattie psicosomatiche, includendo il cancro stesso e le malattie autoimmuni. In questo ambito spesso si possono individuare "organi bersaglio" che sono veri e propri metaferendi di conflittualità.
Metafora del mondo "reale": si riferisce ai rapporti umani, individuali e sociali che generano conflittualità e che spingono l'individuo a nuove letture, nuove modalità relazionali. Si possono includere nello stesso concetto gli episodi traumatici, apparentemente casuali che spingono ad un conflitto.
Metafora dello Spirito: mi riferisco a tutto quanto è stato scritto, o più semplicemente realizzato nell'ambito dell'arte in tutte le sue forme, della filosofia sperimentale, della mistica, quali espressioni vive del pensiero consapevole di sé in artisti, filosofi, mistici e dialettici.
In conclusione sembra che una nuova Coscienza si stia manifestando suggerendoci il superamento della struttura "dicotomica", qualcosa di molto simile all'esperienza "allucinatoria" vissuta da Jaynes stesso durante la stesura del suo libro:
"mi sdraiai su un sofà ed improvvisamente, nel silenzio assoluto udii una voce ferma, distinta e forte che diceva: 'includi il conoscente nel conosciuto'".
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